Don Samuele Gardinale (23.01.1966 - 17.12.2000)


È cara alla Comunità del Seminario di Ferrara la figura di don Samuele Gardinale, alunno di questo Seminario, morto per una lunga e grave malattia il 17 dicembre 2000, prete da appena 43 giorni. Assieme ad una breve biografia, riportiamo alcune sue riflessioni sull'Essere sacerdote' e una serie di meditazioni per una 'Via crucis'.

Samuele Gardinale è nato a Canaro (Ro) il 23 gennaio 1966. Proviene dalla da una famiglia di profondi principi cristiani e appartiene alla Parrocchia di Chiesuol del Fosso, nella quale ha svolto una molteplicità di servizi, diventando punto di riferimento per le attività catechistiche e liturgiche. In famiglia e in Parrocchia si è formato cristianamente, scoprendo e coltivando i germi della vocazione sacerdotale. Ha conseguito la Laurea in Scienze Agrarie e ha fatto diverse esperienze lavorative.
È entrato in Seminario il 14 ottobre 1996.

Il 14 maggio 1998 ha fatto domanda di essere ammesso tra i Candidati agli Ordini Sacri. Il 3 ottobre 1998, nella cappella del Seminario, confortato e sostenuto dal parere positivo dei superiori e della Commissione per gli Ordini Sacri, è stato ammesso dall’Arcivescovo mons. Caffarra tra i Candidati agli Ordini Sacri.
Nel dicembre 1998, a causa di una grave malattia, ha interrotto gli studi iniziati presso lo Studio teologico S. Antonio di Bologna, e il cammino comunitario in Seminario, ritornando in famiglia per la degenza. Il suo cammino di seminarista verso il Presbiterato è continuato in una nuova dimensione, alla sequela di Gesù nella sofferenza. È sempre stato seguito (seppure in modi diversi) dal suo Parroco don Umberto Poli, dai superiori del Seminario e dai seminaristi. La sua spiritualità si è così concentrata, in questo periodo, sulla Parola di Dio ascoltata e meditata, sull’incontro quasi quotidiano con il Signore nel Pane di Vita, sulla Liturgia delle Ore che scandisce i ritmi della sua giornata e sulla devozione a Maria, che lo accompagna nella preghiera del Rosario.
I superiori hanno consentito che Samuele, pur non potendo continuare gli studi a causa delle intense cure mediche, potesse procedere, secondo il suo desiderio, nel cammino verso il Presbiterato.
Avendo fatto domanda il 18 gennaio 2000, è stato così ammesso dall’Arcivescovo mons. Caffarra al Ministero di Lettore il giorno 8 aprile 2000, nella cappella del Seminario, con il parere favorevole della Commissione per gli Ordini Sacri.
Il 25 luglio 2000 ha presentato all’Arcivescovo la domanda per essere istituito Accolito, in vista del conferimento dei Ministeri previsto per il 4 novembre 2000.
Aggravandosi la malattia, Samuele ha espresso verbalmente al Parroco e ai superiori il grande desiderio di diventare sacerdote prima dei tempi canonici. Il 14 settembre 2000 ha redatto per iscritto questa richiesta, esprimendo la consapevolezza dei limiti della preparazione teologica e della condizione fisica, ma anche la volontà di donare tutto quello possiede: la vocazione ad essere sacerdote di Cristo, la vita di preghiera e il cammino di fede nella sofferenza alla scuola della Croce. Nello stesso scritto, si è comunque dichiarato totalmente obbediente alle decisioni dell’Arcivescovo.
L’Arcivescovo mons. Carlo Caffarra, in data 20 settembre 2000, si è rivolto  alla Congregazione per ottenere la facoltà di conferire lecitamente a Samuele Gardinale l’Ordine Sacro nel grado del Presbiterato, a motivo delle gravissime condizioni di salute, nonostante l’impossibilità di completare gli studi teologici e senza l’obbligo di essere prima ammesso al ministero dell’accolitato e senza l’obbligo di rispettare gli intervalli di tempo tra l’Accolitato, il Diaconato e il Presbiterato previsti dal Diritto Canonico.
Il 21 settembre 2000, la domanda dell’Arcivescovo è stata accolta dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, la quale ha stabilito che al candidato venisse prima conferito l’Ordine del diaconato, osservando un interstizio di almeno un giorno prima di ricevere il Presbiterato.
L’Arcivescovo ha subito reso pubblica la notizia e ha deciso, ritenendo ormai superfluo consultare la Commissione per gli Ordini Sacri, di conferire a Samuele l’Ordine del Diaconato domenica 22 ottobre 2000 in Cattedrale a Ferrara alle ore 16.30, e di ordinarlo Presbitero sabato 4 novembre 2000 alle ore 18 in Cattedrale a Ferrara.
In data 16 ottobre 2000, nell’abitazione della sua famiglia, Samuele ha prestato il giuramento ed ha emesso la professione di fede previsti dal Diritto Canonico per le Sacre Ordinazioni, davanti al Rettore del Seminario Mons. Mario Dalla Costa e al Cancelliere Arcivescovile Mons. Nevio Lamberto Punginelli.
L’Arcivescovo ha conferito a Samuele l’Ordine del Diaconato domenica 22 ottobre 2000 in Cattedrale a Ferrara alle ore 16.30. Infine, lo ha ordinato Presbitero sabato 4 novembre 2000 alle ore 18 in Cattedrale a Ferrara.
Nella parrocchia di Chiesuol del Fosso, il 5 novembre 2000, don Samuele ha celebrato la sua Prima Santa Messa.
L’ordinazione presbiterale e la Prima Santa Messa hanno richiamato l’attenzione di moltissimi fedeli, gremito la Cattedrale e la chiesa parrocchiale di Chiesuol del Fosso.
Don Samuele Gardinale si è spento all’ospedale S. Anna di Ferrara all’età di 34 anni il 17 dicembre 2000: era Sacerdote da 43 giorni, ed aveva celebrato per tre volte la S. Messa.
Le esequie sono state celebrate il 21 dicembre 2000, nella Cattedrale a Ferrara riempita di sacerdoti, amici, conoscenti e semplici cittadini.
La tomba di don Samuele è nel cimitero di S. Martino (FE)


Dagli scritti di don Samuele


ESSERE SACERDOTE

Essere Sacerdote è prima di tutto e soprattutto dono del Signore. È Lui che chiama. 
Io poi posso essere disponibile o meno a questo progetto di vita. Nel mio cammino di fede ho imparato a conoscere il Signore, ed il Suo amore per me. Il mio cuore ha sempre cercato una pienezza di vita. È il Suo amore che me la dona. Lui è venuto per questo. 
La frase che ho scelto per il santino dell’ordinazione: "Io sono la Via, la Verità e la Vita: Rimanete nel mio amore", dal Vangelo di Giovanni, riassume a pieno questo. 
Conosciuto il Suo amore, essere Sacerdote è il modo migliore per la mia persona per rimanere nel Suo amore, per essere in intima unione con Lui. 
L' amore del Signore, poi, non è mai un fatto privato, ma per sua natura effusivo, altruistico. Lui ha dato la vita per ogni uomo, e vuole che ogni persona conosca questo grande, immenso, forte ed eterno amore. Così, essere Sacerdote è per sè e per ogni fratello e sorella. Il Signore con la Consacrazione mi ricolma di doni per il bene di tutti. Il Sacerdote non è un "solitario". 
Il Sacerdote non porta se stesso, ma indica con la propria vita Gesù Cristo Salvatore, Colui che ha dato la vita per ogni uomo, Colui che è la speranza di chi crede in Lui. 
La Grazia del Signore raggiunge gli uomini attraverso la mia creaturalità. S. Paolo parla di un tesoro in vasi di creta. 
Il Sacerdote deve cercare di portare nel cuore e nella preghiera tutto il mondo, pur con i suoi peccati, limiti e difetti di uomo. 
Questi anni di malattia, pur nella loro difficoltà, mi hanno condotto a conoscere in modo più profondo l'amore del Signore per me ed il Suo progetto di vita per la mia persona. 
Ho conosciuto in prima persona il valore della Croce di Gesù Cristo, lasciandomi educare e guidare dalla Parola, nell'incontro con Gesù Pane di vita, nella preghiera e nell'affidamento materno a Maria Santissima. 
Solo l'amore di Gesù Cristo Crocifisso e Risorto dà valore, significato e forza al mio vivere e soffrire. 
S. Paolo dice: "Questa vita nella carne, io la vivo nella fede nel Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Gal 2,20). 
La malattia, la debolezza ...ti avvicinano in modo particolare all'uomo, specialmente al sofferente. La vita acquisisce un valore diverso. 
Ti vengono aperti "occhi nuovi" sul mondo, sugli uomini e sulle loro difficoltà… perché ne fai esperienza diretta. 



VIA CRUCIS

1. Gesù prega nel Getsemani
«Abbà, Padre, tutto è possibile a te. Allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio, ma ciò che vuoi tu». (Mc 14,36)

Abbà, Padre! Parola di fiducioso abbandono, che rivela il profondo rapporto di amore che vive Gesù come Figlio del Padre. Tutto egli può confidare al Padre: paure, necessità, desideri, al Padre tutto è possibile.
Però una cosa sola è buona e vitale, anche nel momento più doloroso e difficile: la volontà del Padre.

2. Gesù tradito da Giuda
Arrivò Giuda e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani.
Gli si accostò dicendo: «Rabbì» e lo baciò. Essi gli misero addosso le mani  e lo arrestarono. (mc 14,43.45-46)
L’uomo si erige contro l’uomo con violenza. Il bacio del traditore, simbolo della menzogna, che corrompe i rapporti tra uomo e uomo. A tanto giunge la libertà quando non si apre al dono; a tanto giunge l’uomo se rimane chiuso nel suo egoismo e non si apre alla verità di Dio.

3. Gesù è rinnegato da Pietro
Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei di loro!». Ma Pietro rispose: «No, non lo sono!». Passata circa un'ora, un altro insisteva: «In verità, anche questo era con lui; è anche lui un Galileo». Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E in quell'istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». E, uscito, pianse amaramente. (Lc 22,58-62)

Non basta aver conosciuto Gesù e aver ascoltato la sua parola per restargli fedeli ed essere salvi. Bisogna essere ricreati dall’amore e dalla misericordia di Dio: «Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo» (Gv 21,17).
Ricreati da colui che ha scelto ciò che nel mondo è debole (1 Cor 1,27).
E con cuore libero Pietro saprà seguire il Signore fino ad offrire anche lui la vita.

4. Pilato condanna Gesù
Pilato parlò loro di nuovo, volendo rilasciare Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo, crocifiggilo!». Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Lo castigherò severamente e poi lo rilascerò». Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta fosse eseguita. (Lc 23,20-24)

Un incontro mancato, eppure così vicino, l’incontro di Pilato con Gesù, con la Verità. L’offerta divina è soffocata dalle «spine», le preoccupazioni del mondo, l’inganno della ricchezza.
Quanta libertà occorre per incontrare Gesù, per capire e rispondere al suo amore.
Aiutaci, Signore, ad essere liberi da legami e condizionamenti umani, da ogni compromesso e da noi stessi.

5. Gesù è caricato della croce
Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo. (Mc 15,20)

La via della croce è via controcorrente, che Gesù percorre per amore del Padre e degli uomini.
Quanto sono diverse le scelte di Dio dalle nostre!
Le via della croce, via d’amore, un nuovo stile di vita per risolvere i problemi del mondo. Via di salvezza; chi perderà la vita per me, dice Gesù, la salverà (Lc 17,32). Dio ci invita a guardare lontano, al dono di sé.
Signore, fa’ che alla luce del tuo luminoso esempio e di quelli che seguono i tuoi consigli comprendiamo il comandamento dell’amore.

6. Gesù cade sotto la croce
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato. (Is 53,4)

Gesù cade, sperimenta il dolore, la fatica. Egli può così condividere le situazioni più difficili e dolorose della vita di ciascun uomo.
Signore Gesù, quante volte abbiamo detto: «Non ce la faccio più», perché si è estinta in noi l’ultima scintilla di forza! In questi momenti, concedi di consegnare nelle tue mani il nostro sguardo senza speranza e di sfiducia. Forse domani raccoglieremo una forza nuova per ricominciare.

7. Il Cireneo aiuta Gesù
Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirène che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù. (Lc 23,26)

La croce di Cristo, le nostre croci. Senza quella prima croce, il dolore dell’umanità non avrebbe significato. In quella croce, invece, ogni sofferenza o difficoltà è un invito a unirci a Gesù per dirgli: «Eccomi, Signore, ho scelte te e voglio seguirti».
Aiutaci a portare la tua croce nella croce del fratello, ad essere comprensivi col nostro prossimo e servizievoli con i nostri fratelli. Insegnaci il valore della gratuità.

8. Gesù conforta le donne
Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. (Lc 23,27-28)

Gesù non è chiuso sul proprio dramma, non pensa a sé, ma al suo popolo.
Si spoglia delle sue esigenze per essere tutto per l’uomo da salvare.
Perché noi avessimo la vita, hai dato la tua vita.
Il tuo cuore e la tua mente abbracciano l’intera umanità.
Gesù, libera il nostro cuore dall’egoismo, dall’individualismo, affinché avviamo occhi che sanno vedere, e che sanno piangere con gli altri.

9. Gesù è spogliato delle vesti.
I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. (Gv 19,23)

Gesù è in totale silenzio e abbandono, si spoglia di tutto per essere libero di amare fino a dimenticare se stesso. Si spoglia degli affetti, dei beni, e anche della sua libertà.
Un invito a fare una scelta definitiva, totale per te: senza essere distratti da nient’altro che non sia tu stesso.
Lasciamoci rivestire da Gesù, che ci dona un cuore nuovo, un uomo nuovo.
Beati coloro che arricchiscono davanti a Dio, dove è il loro tesoro, c’è anche il loro cuore.

10. Gesù è inchiodato sulla croce
Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. E l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: Il re dei Giudei. (Mc 15,25-26)

Gesù non trattiene per sé più nulla. Sulla croce, le braccia sono distese per accogliere, le mani per dare.
Non sono i chiodi a trattenerti, ma è il tuo amore per noi.
Tutto tu offri per riconciliarci con il Padre.
Tu c’inviti a volgere lo sguardo a te, che sei il crocifisso – simbolo del cristiano – e a scorgere il grande amore che tu doni dalla croce.
Aiutaci, Signore, a saper sempre volgere il nostro sguardo a te e ad essere testimoni e comunicatori di fede e di speranza.
Testimoni di un Dio che ama.

11. Maria accompagna il Figlio
Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. (Gv 19,26-27)

Dopo aver donato tutto, Gesù ci dona la madre: lei così diventa Madre della chiesa, madre di ogni uomo. Ancora una volta lei pronuncia il suo «sì», ai piedi della croce, per fare la volontà del Padre.
Ognuno di noi è affidato a Maria, e Maria è affidata a noi, dobbiamo conoscerla nella nostra vita, come ha fatto Giovanni, per apprendere nella convivenza con lei il suo stile di pensare, agire, di sentire e di amare.

12. Gesù muore sulla croce
Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. (MC 15,34-37)

Tu, Gesù, sperimenti il buio della nostra esistenza – Dio mio…
Grido d’angoscia, eppure d’amore.
Tu fai tuo l’arido deserto del cuore dell’uomo, che dai solchi della storia, a volte, senza saperlo, invoca la grazia.
Nel buio della prova hai sperimentato la lontananza di Dio, ma con un supremo atto di amore ti sei abbandonato alle mani del Padre. «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46)-
Donaci la grazia di saper vedere sul tuo volto il volto di un Dio che nella sua umanità muore per la salvezza di tutti.

13. L’attesa della risurrezione
Giovanni d’Arimatea, allora, comprato un lenzuolo, calò il corpo di Gesù giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. (Mc 15,46)

Il sepolcro: termine di ogni speranza che sia solo umana?
Un corpo esanime: ecco tutto quello che rimane agli occhi del mondo.
Quanto sono limitate le vedute umane; quanto infinitamente più grandi gli orizzonti che Dio dischiude!
La tomba di Gesù: luogo di risurrezione. «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo. Se invece muore produce molto frutto» (Gv 12,24).
Signore: donaci l’umiltà di non volere spiegare tutto con la nostra ragione, ma di seguirti anche nelle tenebre del sepolcro, illuminati dalla fede.

14. La risurrezione
Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?  Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea. (Lc 24,5-6).

La risurrezione è il compimento del progetto divino pensato dal Padre dall’eternità e che si è realizzato storicamente nella pienezza dei tempi.
La Risurrezione di Cristo conferma la fedeltà di Dio alle sue promesse e senza annullare il dramma della morte apre all’uomo la dimensione eterna della vita.
Signore, donaci la gioia dello stupore e l’umiltà della riconoscenza contemplando la tua Risurrezione.
Aiutaci a vivere, a sperare, e ad amare da risorti. Con te.